E se oltre a una mente acuta possiederanno anche un sentimento di riconoscenza, allora quelle macchine non più
(semplici) macchine celebreranno un membro della specie perdente che, forse più di ogni altro, ha contribuito a farle nascere: Alan Turing, appunto. Uno dei grandi geni del XX secolo. Quello che,
forse, ha modellato il futuro.
L’APPUNTAMENTO È PER IL 2040, AL MASSIMO PER IL 2050. ALLORA, SOSTIENE L’AUSTRIACO HANS
MORAVEC, ESPERTO DI INTELLIGENZA ARTIFICIALE, CELEBREREMO IL DEFINITIVO TRIONFO DEL LOGICO INGLESE, ALAN TURING. Nel 2040, nel 2050 al massimo, prevede Maravec, computer abbastanza economici
(10.000 dollari o giù di lì) e quindi molto diffusi saranno capaci di effettuare diecimila miliardi di operazioni al secondo e raggiungeranno, così, la potenza computazionale del cervello
umano. Sarà quello il momento della «singolarità», l’evento che cambierà il nostro universo cognitivo. Perché da quel momento in poi il computer sarà più intelligente dell’uomo. E la rete di
computer formerà una società più avanzata di quella umana.
FAMIGLIA DI GIRAMONDO
Alan Turing è venuto al mondo a Londra, dopo essere stato concepito in India da genitori giramondo, il 23
giugno 1912: cento anni fa. E, dunque, quest’anno ne celebriamo il centenario della nascita. È stato una persona eccezionale, con una vita eccezionale. Potrebbe essere ricordato per un’intera
costellazione di motivi. Per la sua creatività applicata alla logica. Per le sue capacità sportive: correva la maratona come pochi altri al mondo e avrebbe partecipato alle Olimpiadi di Londra
del 1948 se non avesse subito un incidente. Per il contributo dato allo sviluppo di Enigma, il sistema capace di decriptare i codici segreti dei tedeschi. Per la condanna inflittagli in quanto
omosessuale (un reato in Gran Bretagna, fino al 1967). Per la dignità esibita fino alle estreme conseguenze: rivendicare pubblicamente il diritto ad avere le proprie preferenze sessuali. Per il
suicidio conseguente alla umiliante pena in quello che è ritenuto e si ritiene il più libero Paese al mondo. Ma il modo migliore per celebrare Alan Turing, a cent’anni dalla nascita, è cercare
di prevedere come il suo pensiero e la sua azione espressi in una breve vita continueranno a modellare, probabilmente per sempre, il futuro dell’umanità.
Alan Turing è, a ragion veduta, considerato il padre sia del computer sia dell’intelligenza artificiale. Nel
1936, infatti, risolse in maniera inattesa l’Entscheidungsproblem, ovvero il «problema della decidibilità» sollevato nel 1928 dal grande matematico tedesco David Hilbert e «inventa» una
macchina universale capace di manipolare simboli e quindi di calcolare con grande rigore e precisione. Una simile macchina – che sarà chiamata «macchina universale di Turing» – esiste solo
nella mente del ventiquattrenne londinese. Ma entro nove anni, nel 1945, assumerà una consistenza reale e diventerà una macchina elettronica, grazie all’opera di un altro grande logico, John
von Neumann. È nato il computer.
A guerra finita, l’ancora giovane Turing inizia a immaginare non solo una macchina calcolante, ma anche
pensante. Le sue idee sono la base si cui si fonderà la nuova scienza dell’intelligenza artificiale. I computer e le macchine intelligenti di Turing hanno rimodellato il mondo negli ultimi 60
anni. È per questo che la rivista Nature ha chiesto di celebrare il centenario di Turing battezzando il 2012 «anno dell’intelligenza». Ma è il futuro quello che ci interessa. Perché, grazie
alle macchine di Turing, da qui a 30 anni vivremo in un nuovo universo cognitivo. Anche se, probabilmente, dovremo ringraziare Turing non per i motivi immaginati da Hans Moravec. Che i computer
supereranno prima o poi le capacità computazionali del cervello umano è scontato. Mentre non è affatto scontato che queste macchine sempre più perfette diventeranno, per questo, più
intelligenti dell’uomo. L’intelligenza computazionale è, infatti, solo una componente dell’intelligenza umana. Nulla vieta, tuttavia, che un giorno le macchine di Turing, magari dotato di un
corpo sensibile, possano acquisire capacità che definiamo intelligenti in modo superiore a quella dell’uomo. Ma certo non basterà che superino per potenza computazionale il cervello
umano.
SCOLARIZZAZIONE ELEVATA
E allora perché diciamo che, da qui a 30 anni, vivremo in un diverso universo cognitivo? Beh, il motivo è
molto semplice: lungi dall’essere separati, uomini e computer sono sempre più integrati. È da questo punto di vista che nel 2040 vivremo in una situazione originale. Recenti studi sull’attuale
situazione relativa all’educazione terziaria mostrano che ci sono Paesi – come il Giappone, il Canada, la Russia – dove oltre il 55% dei giovani in età compresa tra i 25 e i 34 anni sono
laureati. In Corea la percentuale sale addirittura al 63%. Fra trent’anni, questi giovani saranno adulti. Ed è probabile che tra i futuri giovani il tasso di laureati sarà ancora maggiore.
Dunque, fra 30 anni, molti Paesi saranno in una situazione sconosciuta nella storia: la maggior parte della popolazione in età da lavoro sarà composta da persone con 20 anni di studi alle
spalle. E queste persone avranno a disposizione reti di computer sempre più potenti. È questa ibridazione spinta di computer potenti e persone qualificate che creerà un nuovo universo
cognitivo. Un «universo di Turing». Nell’attesa, i problemi aperti sono almeno due: quale sarà il destino di quei Paesi che, come l’Italia, rischiano di non entrare nel nuovo universo cognitivo
(i nostri laureati non arrivano al 20%)? L’«intelligenza ibrida» sarà un fattore di inclusione o di esclusione sociale? Sara nno temi decisivi, nei prossimi decenni. Nel centenario della nascita di Alan Turing è
il caso di iniziare a pensarci.